Pizzonia Tiziana

Nome della scuola: 
Liceo Classico Gioacchino da Fiore
Città: 
Rende
Regione: 
Calabria
Disciplina/e Insegnata: 
Latino e Greco
Descrivere la propria storia di educatore, di impegno, innovazione e determinazione legata al proprio contesto scolastico: : 
Ho iniziato la mia avventura nel mondo dell’istruzione presso la scuola secondaria di I grado, là dove mia madre, che da sempre ha costituito il mio modello, ha insegnato fino al momento della pensione. La scuola media è stata la mia palestra in quanto per la prima volta entravo in una classe dopo aver svolto attività di ricerca in campo universitario per diversi anni. In seguito sono passata all’insegnamento del latino e greco nel Liceo dove tutt’ora insegno e dove ho avuto la possibilità di mettermi in gioco in una continua sfida con me stessa: ho assunto il ruolo di coordinatore di plesso, coordinatore di classe, referente per la didattica, referente PCTO, membro di commissioni (accoglienza, orientamento, inclusione) membro del consiglio di istituto, ma anche collaboratore del dirigente ed animatore digitale, ruoli che ricopro a tutt’oggi. Nel corso della mia breve carriera ho sempre cercato di affrontare in modo critico e innovativo tutti gli aspetti pedagogici ed epistemologici delle discipline classiche, costruendo i contenuti in modo flessibile e sempre più interattivo e digitale, replicando nella didattica quotidiana quello che le progettazioni laboratoriali relegherebbero a spazi e tempi predefiniti, rendendo attuali e vivi tutti gli aspetti del mondo classico strizzando l’occhio alle nuove tecnologie e alle possibilità che esse offrono. L’idea di base è che la tecnologia sia al servizio della didattica e possa offrire tante possibilità per rendere l’insegnamento più efficace e facilitare l’apprendimento degli studenti. Per me tutto è iniziato con la pratica didattica della gamification che facendo leva sulle modalità legate al gioco mi ha consentito di coinvolgere gli studenti, stimolarli ad una competizione positiva mostrando loro come le discipline classiche potessero essere apprese anche divertendosi. Da qui è stata un’escalation nella ricerca continua di applicativi e metodologie che rendessero la mia didattica attiva e collaborativa perché le idee migliori e più creative nascono quando la mente non è imbrigliata da schemi: è fondamentale pertanto che gli studenti non solo imparino ad imparare, avvertano lo studio non come un’attività fine a sé stessa, ma soprattutto provino piacere in ciò che fanno. È così che le nuove tecnologie sono entrate a far parte della mia vita quotidiana al punto da farmi ricoprire l’incarico, io docente di latino e greco!, di animatore digitale e da essere parte fondamentale del mio insegnamento. Sono contenta dell’energia spesa e dell’entusiasmo che anima il mio lavoro nelle classi e che, spero, continuerà a ravvivare la mia attività. Continua e constante la mia voglia di apprendere ed aggiornarmi e di poter trasferire quanto acquisito a colleghi e studenti: solo con la comunicazione, la collaborazione e la condivisione si possono superare le difficoltà. Ho imparato che non bisogna mai dare nulla per scontato e adagiarsi sulle certezze che si hanno perché il mondo è in continua evoluzione. Da un giorno all’altro può cambiare tutto e bisogna essere in grado di mettersi in gioco, sempre. Solo così si può essere davvero “insegnanti”. La mia idea? Ragazzi, Studi – AMO: perché Studiare significa prima di tutto amare, ed è necessario che i ragazzi, nel loro percorso di crescita, studino e amino ciò fanno, si appassionino alle discipline, siano mossi dal desiderio di conoscere ed abbattere i miti che la società ci impone, di esporre le nostre idee. Il mio compito? Offrire loro gli strumenti per vivere e saper vivere la realtà, per affrontare il futuro che li aspetta, qualunque esso sia.
Descrizione di come è stata affrontata l’emergenza da COVID-19 con i propri studenti:: 
Durante l’emergenza COVID la tecnologia è stata per i miei alunni un’ancora di salvezza che dava una parvenza di normalità ad una situazione che proprio normale non era. La pratica della DAD, grazie all’utilizzo della piattaforma Gsuite e di tutti gli applicativi disponibili su web, ci ha consentito di riprodurre il clima-classe anche se non eravamo a scuola. Ci ha consentito di stabilire una relazione, di creare uno spazio digitale condiviso al di là della privacy che ci ha permesso di conoscerci meglio, di essere consapevoli di noi stessi ed ha generato un forte senso di condivisione. Nonostante la situazione siamo riusciti a creare dei legami empatici che hanno consentito, nel rispetto delle regole e dei codici di comunicazione della distanza, di rendere la classe virtuale un luogo inclusivo, positivo e vivo dove ognuno ha espresso sé stesso. Si è creato un nuovo spazio che ha unito lo spazio fisico delle case, lo spazio virtuale e quello digitale in cui si sono generati rapporti umani, spesso senza filtri. Alcuni alunni hanno vissuto momenti critici in famiglia a causa del virus ed essere riuscita a farli sentire meno soli ha dato un senso al mio lavoro. Abbiamo riso e pianto insieme nonostante la distanza. Ci siamo regalati momenti di leggerezza: ad esempio a Natale tutti rigorosamente in rosso per la foto di classe e per lo scambio degli auguri, i travestimenti per Halloween, o ancora i momenti di sfogo e di gioco, i sondaggi più strani su argomenti tratti dal vissuto quotidiano. Siamo riusciti, attraverso gli sguardi lanciati dallo schermo a costruire un “nuovo” spazio classe in cui tutti, dal più timido al più introverso ha cercato e trovato sostegno. Caratteristica di questo periodo è stato l’ascolto e la narrazione che ha creato un clima di apertura e di discussione, che ha consentito loro, nonostante tutto, di crescere. La tecnologia ci ha consentito di conoscerci meglio, di aiutarci, e continuare il nostro percorso insieme.
Descrivi la tua visione di educazione per il futuro: 
In una società in continuo movimento anche l’educazione deve subire una “rivoluzione”. Obiettivo di ogni educatore e. soprattutto mia cura, sarà continuare a proporre agli studenti una didattica “innovativa” attraverso la ricerca di strategie per suscitare in loro curiosità verso le discipline scolastico e, per quanto mi riguarda, verso due materie, il latino e greco, considerate “lingue morte” e pesanti. È necessario che i ragazzi imparino divertendosi, sperimentando e creando, mettendo in gioco le loro capacità, potenzialità, spesso solo nascoste e non sfruttate, sconosciute ed inesplorate da loro stessi. Non mi scandalizza mettere insieme gioco e didattica, mi interessa rivolgermi a quelle aree che appartengono al mondo dell’informale e attirano l’attenzione dei nostri studenti, strizzando l’occhio anche al mondo dei social, per capire come nella mia pratica didattica quotidiana posso attivare quegli stessi elementi di positività tanto cari a loro e sfruttarli per favorirne la crescita personale e culturale dei miei allievi. Lo studio è sì una cosa seria, ma esistono diverse strategie e modi di educare: creare un clima piacevole e stimolante, comprendere e sostenere, dare loro motivazioni, ritengo sia alla base del mio ruolo di educatore. Ed in questo sono di fondamentale aiuto quelle metodologie didattiche che promuovano modalità di apprendimento basate sull’interazione fra gli allievi: è importante che gli studenti collaborino, si conoscano, e si aiutino reciprocamente al fine di raggiungere un obiettivo comune e che attraverso il proprio lavoro di approfondimento e di apprendimento possano acquisire apprendimenti stabili e significativi. Nella mia visione di educazione il docente ha il ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività e suo compito è offrire ambienti di apprendimento nei quali, in un clima relazionale e non competitivo, gli alunni trasformano le attività in un processo che gli faccia comprendere come l’obiettivo si può raggiungere solo con il contributo personale di tutti. Gli alunni devono sentirsi parte integrante della famiglia-classe, devono sentirsi protagonisti del loro processo di apprendimento, primi attori di un’esperienza che permette loro di attivare le proprie conoscenze, capacità e competenze. Solo così si può favorire l’inclusione e generare nei ragazzi, anche in quelli che appaiono più deboli, una maggiore motivazione allo studio delle discipline scolastiche facendo loro conseguire risultati positivi e acquisire competenze spendibili nel mondo del lavoro.