Paolo Tenconi, laureato in filosofia con 110/lode presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La tesi di laurea ha riguardato la filosofia monastica di Guerrico di Igny, allievo di San Bernardo di Clairvaux (pensiero cistercense del XII)

Nome della scuola: 
Istituto Leone XIII. Scuola Paritaria della Compagnia di Gesù
Città: 
Milano
Regione: 
Lombardia
Disciplina/e Insegnata: 
Storia e filosofia
Descrivere la propria storia di educatore, di impegno, innovazione e determinazione legata al proprio contesto scolastico: : 
Dopo una breve esperienza di un anno scolastico come supplente in una Scuola media statale di Milano, sono stato assunto a tempo indeterminato dal Leone XIII, prima come docente di Lettere alla Scuola media e poi come docente di italiano, storia e filosofia nei Licei classico e scientifico. Attualmente insegno storia e filosofia nel Liceo scientifico del Leone XIII. Indipendentemente dal mio insegnamento, mi ha sempre interessato la dimensione internazionale dell’educazione e per questo mi sono sempre offerto come organizzatore di viaggi all’estero o di scambi di studenti, sfruttando la grande rete internazionale che i Gesuiti gestiscono in centinaia di scuole del mondo. La convinzione che mi ha sempre mosso è che l’insegnamento deve stare al passo coi tempi perché possa contribuire alla formazione di giovani attuali, moderni, che non siano pezzi di cultura da museo, ma uomini e donne per gli altri in un mondo che cambia a velocità supersonica. Per questo ho sempre considerato i contatti internazionali come fondamentali per questo tipo di educazione: non puoi crescere nel tuo orticello, ebbro di algebra e di latino, se non sai rapportarti con il resto del mondo. E non ne ho mai fatto solo una questione di lingua, benché importante, intendiamoci! Gli scambi tra studenti si servono della lingua, in genere l’inglese, come mezzo indispensabile affinché lo scambio abbia luogo, ma hanno finalità che vanno ben oltre, finalità che in una parola si potrebbero definire culturali. Inoltre ho sempre ritenuto la scuola italiana eccessivamente teorica, poco propensa a sviluppare competenze pratiche nei giovani studenti. E’ pur vero che questa caratteristica sviluppa nei giovani livelli di conoscenze notevolmente più abbondanti e qualitativamente più forti rispetto ad altri Paesi, ma è anche indubitabile che molti dei nostri giovani non sono poi in grado di utilizzare questo gran numero di conoscenze che hanno acquisito e vengono superati da un’agguerrita concorrenza europea o mondiale, meno colta, ma più competente. Per questo ho sempre privilegiato i progetti che utilizzino la metodologia del learning by doing, come tutte le simulazioni del Parlamento europeo (Parlamento europeo dei giovani) o delle varie assemblee delle Nazioni Unite (Model United Nations). Attualmente gestisco un ufficio di progettazione all’interno della mia scuola con contatti attivi in Europa (Spagna, Francia, Belgio, Germania, Lituania, Polonia, Ungheria, Croazia, Inghilterra) e nel mondo (Stati Uniti e Australia).
Descrizione di come è stata affrontata l’emergenza da COVID-19 con i propri studenti:: 
L’emergenza Covid è stata per la mia scuola un’opportunità per poter utilizzare il potenziale digitale da tempo a nostra disposizione, ma in genere sottoutilizzato. La didattica a distanza ci ha costretto a tirare fuori il tutto dalla cantina e a provare strade nuove per la didattica. Il percorso di innovazione si può dire sia stato generalizzato. Personalmente ho dovuto rinunciare alla movimentazione studenti per ovvi motivi (e questo è stato sicuramente un male), ma sono riuscito a mantenere i contatti con le scuole partner, e quindi a impegnare i miei studenti, tramite scambi virtuali e organizzazioni di convegni di riflessione e scambi di opinione tramite le piattaforme online disponibili. Per quanto riguarda invece la didattica normale di storia e filosofia, quindi estranea ai lavori di scambio con scuole non italiane, ho incrementato gli esperimenti di flipped classroom, che già conducevo comunque in presenza, e mi sono servito di lezioni registrate tramite l’app Explain.edu disponibile tramite Google. Quest’ultima azione è stata facilitata dal fatto che tutti i miei studenti sono in possesso di un iPad concesso dalla scuola in accomodato al momento dell’iscrizione al primo anno di Liceo.
Descrivi la tua visione di educazione per il futuro: 
Vivace, veloce, interessante, al passo coi tempi. Così mi piace pensare alla scuola del futuro. Lo so che, dette così, sono parole vuote e generiche, ma trovo che la scuola si sia distinta troppe volte per lentezza e scarso interesse e da qui muove la mia voglia di contribuire a un cambiamento, per dare maggiore senso alle parole prima ricordate. Nonostante tutte le novità metodologiche che si possono immaginare, trovo che il tradizionale metodo delle lezione frontale non debba per nessun motivo essere abbandonato. Magari ridotto, ma non abbandonato. La lezione frontale abitua gli studenti all’ascolto, li costringe a prendere appunti, a confrontare quanto appreso in aula con quello che trovano sul libro. Insomma è un tradizionale esercizio critico di fondamentale importanza. Gli studenti devono però anche produrre qualcosa (relazioni, ricerche, presentazioni Power Point, videoclip) ed è qui che la metodologia della flipped classroom può intervenire con successo, soprattutto se fossimo costretti a ricorrere ancora a periodi di didattica a distanza. La scuola del futuro deve però innovarsi soprattutto nei programmi. Le metodologie sono fondamentali e seguono l’evolversi della situazione storica o lo sviluppo delle tecnologie e il loro accesso da parte di studenti e docenti. Ma è sui contenuti che dobbiamo lavorare di più. I programmi vanno rivisti, per lo meno dalla Prima liceo alla Quinta. Occorre inserire gradualmente materie e contenuti più contemporanei, fare in modo che i giovani escano avendo compreso al meglio il Novecento come secolo guida, nel bene e nel male, delle loro azioni future. Questo tipo di cambiamento può e deve riguardare tutte le materie.