Marianna D'Alessio. Docente Scuola Primaria (Abilitazione EEEE + Specializzazione Lingua Inglese + Specializzazione Sostegno)

Nome della scuola: 
Scuola Primaria Bocconi - IC "J.Barozzi" via Ferdinando Bocconi, 17 Milano
Città: 
Milano
Regione: 
Lombardia
Disciplina/e Insegnata: 
Scuola Primaria - Posto Comune + Specialista Inglese e Sostegno
Descrivere la propria storia di educatore, di impegno, innovazione e determinazione legata al proprio contesto scolastico: : 
Negli ultimi anni, a onore del vero, molte sono le cose cambiate nella scuola, con il paradossale risultato, però, che la scuola non è cambiata affatto. Le innovazioni tecnologiche, le nuove indicazioni nazionali ministeriali, la diffusione di nuove metodologie e didattiche innovative, la revisione dei libri di testo, delle discipline, degli orari scolastici, dei criteri di valutazione hanno migliorato, forse, l’efficienza del sistema scolastico ma non sono riusciti, realmente, a cambiare la scuola. La scuola italiana continua a non cambiare ma, semplicemente, si adatta: usa l’adattamento come tecnica di sopravvivenza. Come passare a un vero cambiamento? Come effettuare una vera rivoluzione? Le mie riflessioni nascono da un’esigenza tanto personale quanto professionale. Il demone socratico, sussurra, da diversi anni, all’orecchio di chi scrive, un'idea di fare scuola radicalmente diversa dal modo in cui normalmente si pratica l'educazione nelle istituzioni scolastiche del bel paese. Cercare soluzioni adatte a fare della situazione educativa qualcosa di veramente vivo e gioioso, è stato inevitabile. Constatato sul campo quanto sia semplice farsi prendere o tentare dall'ansia del controllo, del disciplinamento, dell'autorità - invece di creare situazioni in cui ad essere protagonista sia l’eros, l'intensità, il colore e la bellezza - nasce l’impellenza di impegnarsi nella ricerca di quel El indio Dorado, quell’assente fondamentale ingrediente che rende l’esperienza scolastica davvero educativa, fin dall’inizio, dalla scuola primaria. Tutto inizia con una serie di viaggi formativi in Finlandia. Ai confini con la Lapponia e il Circolo Artico, presso la Faculty of Education – University of Jyväskylä. Partita piena di dubbi, chi scrive è rientrata ogni volta con la testa piena di idee e la volontà sempre più forte di contribuire al cambiamento, in modalità “bottom-up”, del sistema educativo-formativo italiano. Il motivo per il quale la bussola ha puntato proprio in direzione Finlandia è da ricercare nelle statistiche PISA (Programme for International Student Assessment) : dal 2000 al 2009 la Finlandia ha mantenuto il primo posto in classifica, restando sul podio nelle successive edizioni. Le osservazioni sul campo, gli studi e le riflessioni personali e professionali successive costituiscono e costruiscono il mio "modus operandi" al fine di contribuire a una vera e propria rivoluzione del sistema scolastico-educativo italiano, e in particole modo della scuola primaria, una rivoluzione mossa dal pathos - il lemma inglese revolution contiene all’interno il lemma love - di chi, in qualità di docente, ha visto che una scuola migliore è possibile. La figura del "docente innovatore" può aiutare la scuola a risollevarsi dalle sue ceneri, come una fenice. Chi scrive, come docente innovatore, prova ad educare i giovani in maniera che divengano capaci di attualizzare, nella miglior forma possibile, la loro umanità, e di agire come cittadini consapevoli e attivi. Sostiene gli studenti a interiorizzare una corretta percezione di sé, personale e scolastica: attraverso la conoscenza di sé e della realtà lo studente può imparare a valutarsi in funzione della scelta. L’ascolto attivo ed empatico pone al centro lo studente con le sue istanze e i suoi bisogni valorizzandone le potenzialità di cambiamento. Ciò significa individuare e organizzare esperienze educative che siano le migliori possibili per particolari gruppi di studenti in specifici contesti, rispetto all’obiettivo di favorire in ciascuno il pieno fiorire delle potenzialità. Sostenere le capacità comunicative e relazionali, valorizzare le competenze possedute, accompagnare lo sviluppo di capacità decisionali e di problem solving, in ambiti progressivamente complessi e finalizzati. Chi scrive prova, dunque, a coltivare nell’altro il desiderio di dare una forma buona alla propria vita. I docenti innovatori sono quei docenti che rendono la scuola amabile e stimabile, punto nevralgico per la costruzione di un buon futuro per le nuove generazioni, nonché per la crescita dell’intera società. Sostenere gli studenti nel trovare il proprio talento e la propria passione, investendo sull’orientamento, questa è la lezione che chi scrive ha appreso dalla scuola in Finlandia. Non esistono idee educative che possano essere applicate sempre e dovunque con la certezza del successo, perché sono diverse le persone, le tradizioni nazionali, e gli obiettivi che ciascuna comunità si prefigge. Il cambiamento dovrebbe assumere, però, la qualità della consapevolezza paziente, del rispetto, della rivalutazione di tutto quanto di buono e di bello è già presente nel nostro sistema educativo e a cui, forse, non abbiamo prestato la giusta attenzione. Cambiare sì, ma innovare serbando . Portare avanti un progetto di insegnamento/apprendimento della Lingua Inglese attraverso attività di Teatro-Musicale in una Scuola Senza Zaino. Favorire l'inclusione di ragazzi sordi attraverso un progetto insegnamento/apprendimento del ritmo per mezzo dell'uso dello strumentario ORFF in una scuola polo per sordi di Milano. Fare esperienza delle nuove tecnologie per la scoperta di se stessi e delle proprie potenzialità creative e di problem solving nella costruzione di Avatar Digitali e Comics Digitali sono alcuni esempi di buone prassi messe in atto da chi scrive. Le buone prassi – quelle finlandese, ad esempio, o quelle di cui chi scrive ha fatto esperienza in varie scuole pubbliche della penisola - non devono essere interpretate come un modello ideale, perfetto, assolutamente corretto e da applicare direttamente nel proprio contesto, cercare di farlo sarebbe controproducente, ma come qualcosa che altri hanno fatto e che nel loro contesto ha funzionato perché vi erano delle buone caratteristiche, ed è proprio su queste caratteristiche che si deve curiosare, indagare e criticare, mettendole in relazione alla propria situazione e al proprio contesto
Descrizione di come è stata affrontata l’emergenza da COVID-19 con i propri studenti:: 
Lo stato di emergenza dovuto alla pandemia ha obbligato a guardare alle TIC come all’unica ancora di salvezza. Il mondo digitale si è rivelato un'enorme risorsa per le scuole in un periodo di protocolli e restrizioni. La didattica a distanza (DAD) e la didattica digitale integrata (DDI) hanno, così, fatto luce sul gap attuativo in merito a differenziazione didattica e a uso inclusivo della tecnologia digitale presente a scuola. Le tecnologie digitali sono in grado di offrire quella versatilità didattica capace di rispondere in maniera funzionale ai diversi stili di apprendimento, incrementando la motivazione e l’attenzione di tutti gli alunni. L’approccio pedagogico differenziato viene, quindi, a restituire al digitale quel valore inclusivo, nell'ottica di un rinnovamento della didattica, che incontra non solo le diversità e bisogni di ogni singolo alunno, ma ne apprezza la ricchezza. Esso può concretamente rappresentare un'alternativa reale alle modalità tradizionali del fare scuola. A sostegno di questa convinzione si inserisce una buona prassi educativa e inclusiva messa da me in campo in un anno scolastico che ha visto l’alternarsi di periodi di didattica a distanza, a periodi di didattica digitale integrata e didattica in presenza. Il progetto “DAD e Inclusione” è stato caratterizzato dall’approccio al digitale come differenziazione didattica: i bambini hanno costruito i loro AVATAR digitali per realizzare, poi, i “COMICS (digitali) dell’Amicizia”, dove gli AVATAR degli alunni interagivano tra loro a supporto di una narrazione educativa ed inclusiva. La realizzazione degli AVATAR e dei COMICS digitali si è rivelata utile a differenziare sia contenuti che abilità, modulando attività secondo processi diversi e realizzando attività a cui tutti hanno potuto partecipare, con forti ricadute sui vissuti di autoefficacia, stima di sé, sviluppo di abilità sociali, problem solving ed educazione alla reciprocità. La proposta di lavorare alla costruzione di AVATAR è nata dalla scelta di voler accompagnare gli alunni alla riflessione - in modalità ludica - sulla unicità che caratterizza ciascuno di noi, curando l'ascolto e l'attenzione all'altro, soprattutto a sostegno delle fragilità. La consegna ha previsto prima la realizzazione di Avatar cartacei, disegni divertenti e colorati rappresentativi di sé stessi e, quindi, la riflessione guidata sull’originalità e l’unicità di ognuno, educando a riconoscere e rispettare le differenze. Si è poi passati a realizzare gli Avatar in digitale, utilizzando una delle piattaforme in rete che permettono di farlo in modo gratuito: ogni alunno è stato indirizzato, grazie all’uso di una password, alla classe virtuale della piattaforma scelta per la costruzione guidata degli AVATAR digitali. Anche i docenti di posto comune sono stati guidati all’uso della piattaforma per la costruzione dei loro AVATAR per partecipare alla classe virtuale. Il passo successivo è stato quello di fare interagire gli AVATAR tra loro a sostegno di una ritrovata possibilità di vivere la scuola delle relazioni e delle emozioni in modo nuovo, divertente e creativo. Sono nati, così, i COMICS dell’Amicizia, fumetti relativi a momenti di condivisione e inclusione, costituiti principalmente da immagini e testo (presente all'interno di balloon o in didascalie) grazie all’uso di specifiche piattaforme presenti in rete ad uso gratuito. L’approccio a questo mondo digitale richiede una buona conoscenza dell’uso delle piattaforme: un impegno dedicato all’autoformazione attraverso la visione di tutorial facilmente reperibili in rete è richiesto ai docenti per acquisire nel giro di poco tempo quelle competenze utili a guidare la classe nell’avventura della costruzione di storie a fumetti con gli avatar della classe come personaggi. L'esperienza della DAD è stata un po' un ponte tra due mondi: il mondo della didattica digitale - che abbiamo sempre avuto a disposizione - e una didattica di stampo tradizionale - che ha mostrato alcuni suoi limiti ancora una volta. Le tecnologie digitali possono costituire un nuovo modo di fare scuola, a distanza e non solo, permettendo la partecipazione attiva di tutti gli alunni al percorso di apprendimento nonché la sperimentazione del successo creativo, della cooperazione e della condivisione. Come sottolinea Carol A. Tomlinson, la differenziazione didattica è un potente moltiplicatore di equità, un volano efficace di accoglienza e inclusione che declina le migliori conquiste in campo pedagogico e didattico. A livello creativo è stato molto interessante arrivare alla scrittura di una poesia inedita sul tema dell’Amicizia, in modo cooperativo e collaborativo, attraverso la classe virtuale: ogni alunno e ogni alunna della classe ha partecipato – con il suo personalissimo contributo - alla scrittura del testo rintracciando parole e significati nell’esperienza vissuta con il “Progetto DAD e Inclusione”. Vedere, poi, realizzato, il fumetto conclusivo con la poesia dell’Amicizia – a cui si era lavorato durante l’anno scolastico, nonostante le difficoltà - è stato motivo di grande soddisfazione e commozione per tutti, per l’intero team docenti della classe e per le famiglie degli alunni. Stemperare il grigiore emotivo dovuto alla situazione pandemica che stiamo vivendo con immagini colorate e parole gentili è un atto d’amore di cui solo i bambini sono capaci. In un tempo di forte distress per le agenzie educative, riscoprire la bellezza dell’atto educativo/formativo, veicolato dalla relazione empatica, attraverso il feedback entusiasta e gioioso dei bambini - nel partecipare alle attività di didattica inclusiva proposte in digitale - dona speranza e forza anche a noi adulti di riferimento. All’interno del progetto “DAD e inclusione”, abbiamo realizzato anche un libro digitale, con protagonisti gli avatar di bambini e insegnanti. Potete sfogliarlo al link qui sotto: https://read.bookcreator.com/c3sYnLYKZbW5fgVNrJjzV9qGdcY2/3YlO7zRxSfq3Gkl7CZMfHg
Descrivi la tua visione di educazione per il futuro: 
In questi anni si è fatto un gran parlare di modifiche del sistema scolastico italiano. Una volta varcata la soglia delle aule, tutto appare, per la maggior parte, fermo e immobile (rif. OCSE PISA). Qualunque sistema di riforme che non riesca a modificare ciò che accade tra i docenti e gli studenti, all’interno delle aule scolastiche, è destinato a non caratterizzarsi come un cambiamento significativo, né in riferimento all’istruzione delle nuove generazioni né alle criticità del sistema scolastico. Il cuore del problema educativo dovrebbe essere centrato sulla promozione di quelle qualità personali che consentano a ciascuno di diventare il vero protagonista della propria crescita e della propria maturazione. Se questo vale per gli studenti, tanto più deve valere i docenti, in un’ottica di una formazione di base, permanente, e per tutta la vita. Dirigere se stessi nel proprio apprendimento culturale e professionale, tiene conto di due prospettive complementari: l’autodeterminazione e l’autoregolazione. Interessare la dimensione della scelta, del controllo di senso e di valore, dell'intenzionalità dell'azione, della motivazione, della decisionalità nella costruzione di un progetto, anche esistenziale, è uno sforzo auto determinativo. Il monitoraggio, la valutazione e il controllo strumentale dell'azione definisce, invece, la volontà autoregolativa. Nel nuovo spazio educativo – in cui interagiscono una molteplicità di fonti informative e formative – i docenti dovrebbero assumere, soprattutto, il ruolo di facilitatori dell'apprendimento, mediante forme di orientamento, di guida, di sostegno e di valutazione di natura essenzialmente formativa. Per questo motivo, i docenti dovrebbero esser in grado di sviluppare un ambiente educativo che risulti valido e produttivo, pur non potendo mai sostituirsi all'impegno nell'attività che devono mettere in campo gli studenti. Questi ultimi, d'altra parte, devono essere progressivamente orientati a gestire se stessi in tale contesto. Educare implica, in primo luogo, la disponibilità a prendersi cura dell'altro. Educare coinvolge, sempre, particolari disposizioni valoriali e di impegno sociale. Diventare docenti validi, è impegno sociale. Le dimensioni che caratterizzano la qualità professionale e umana di un educatore sono molteplici, si tratta di competenze proprie nel campo culturale e professionale, di competenze di natura comunicativa e relazionale, di competenze di natura valoriale. Un docente dovrebbe aver allenata la capacità di scegliere, in maniera prudente e responsabile, i mezzi che gli consentano, di conseguire, tenendo conto delle circostanze specifiche in cui deve operare, l’obiettivo educativo-formativo preposto. Bisogna mettere in luce, dunque, quanto la responsabilità primaria che ciascuno ha della propria crescita personale, sociale, culturale e professionale sia determinante nel costruire una società migliore. In questa prospettiva, il ruolo del docente come educatore, facilitare e, soprattutto, come orientatore si verrebbe a delineare, sempre più, come ruolo da formare, seriamente, ma, soprattutto, al quale approdare grazie a una scelta consapevole. Il lavoro di docente non può, in questa ottica, essere un ripiego. La scuola non può considerarsi un approdo casuale, o dettato da necessità altre. La complessità e l’importanza legate al ruolo del docente fanno di questa professione una delle professioni di più grande responsabilità, verso sé stessi, verso l’altro e verso la società tutta. Investire nella formazione personale, lungo il corso della vita, oltre che nella formazione professionale, è, dunque, la mia visione educativa per il futuro a cui noi docenti, tutti, dovremo approdare per rendere davvero la scuola un posto migliore. Giungere a una congruente competenza educativa implica un serio cammino di formazione e di autoformazione, continua e perseverante, che non deve trascurare lo sviluppo e il miglioramento delle capacità relazionali. Diventa sempre più necessario recuperare un approccio robusto alla formazione dei docenti. Il docente, per primo, deve incarnare quello spirito critico, capace di inserirsi nella società con responsabilità. È necessario impegno per la ricerca e l'individuazione di nuove forme di proposta educativa e formativa atte a consentire la perseveranza nello sviluppo della persona e della società umana. La finalità prioritaria di un sistema educativo è quella di aiutare un individuo a "venire fuori da sé stesso". Una vera e profonda evoluzione personale del docente sarà in grado di coinvolgere progressivamente l’intero sistema scolastico, incidendo sul modo stesso di vivere la scuola e di risolvere i problemi che in essa si sviluppano. Il mio intervento educativo/formativo, nelle varie scuole in cui ho lavorato (Roma, Milano, Foggia), prova a testimoniare empiricamente che è possibile dare il via a un sistema morfogenetico, capace di trasformare, in modo duraturo e irreversibile, l’intero sistema. A un insegnante direttivo centrato sul compito e sul controllo dell’efficienza produttiva si può sostituire, il docente come orientatore. Un docente che promuove l’espressione dei bisogni, delle idee, delle emozioni e si libera dalla paura di perdere il controllo della classe. Non un docente, dunque, che trasferisce il suo sapere o, nelle migliori delle ipotesi, che organizza il sapere, ma un docente che sa essere con gli studenti, in modo funzionale al loro processo di apprendimento, meglio ancora, al processo attraverso il quale gli studenti educano sé stessi. Una scuola costituta da docenti orientatori, è una scuola che sposta la centralità dell’interesse dai contenuti alla qualità delle relazioni, ai processi di comunicazione e interazione, alla capacità di orientare gli studenti alla soluzione dei loro problemi attraverso una educazione all’intenzionalità. Il docente orientatore si fa testimone di una pedagogia che considera l’educazione un processo essenzialmente autogestito, che si sviluppa dall’esperienza, learning by doing, dove la riflessione e la concettualizzazione partono dai fatti e dai vissuti e ad essi continuamente ritornano. Il questo senso, il centro di interesse diventa, davvero, la persona, mentre la metodologia da scegliere tenderà a concentrarsi sulle strutture e sulle dinamiche attraverso le quali gli individui possano arrivare ad autogestire il loro processo di sviluppo. Bisogna tener ben presente che ogni docenza è sempre luogo di una precisa responsabilità individuale e, soprattutto, sociale; partecipazione a quell’alto impegno civile che è la costruzione della vita comunitaria democraticamente caratterizzata. L’educazione è una pratica fondamentale per il fiorire di una civiltà. Investire nell’educazione è, dunque, essenziale. Investire, specificatamente, nell’educazione scolastica significa convogliare risorse nella formazione dei docenti: la qualità dell’educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani è direttamente proporzionale alla qualità della competenza del personale docente. Il ruolo del docente come orientatore, prendendo spunto dalle riflessioni fatte osservando i docenti della migliore scuola d’Europa, la scuola finlandese - che ho avuto modo di studiare durante i miei viaggi formativi per un’esperienza professionalizzante - è difficile e delicato, richiede competenza, richiede che il docente divenga un professionista pensante e creativo, cioè un soggetto capace di generare rivoluzioni concettuali nella pratica, quelle rivoluzioni concettuali che aprono lo spazio del pensare a verità luminose. Il docente orientatore, in primis orienta sé stesso, trova il suo posto: non è genitore, non è psicologo, non è un asettico professionista; le sue componenti umane e il suo stile professionale possono esprimersi nella figura di un adulto-educatore autentico, che capisce se stesso, i propri sentimenti e gestisce la sua relazione con lo studente con partecipazione, ma anche, e soprattutto, con chiarezza dei limiti in cui il suo aiuto allo studente deve restare. Compito del docente orientatore è la realizzazione della migliore relazione tra insegnamento e apprendimento, con attenzione alle condizioni di efficacia per promuovere competenze, attraverso i processi di conoscenza e di meta conoscenza. Ciò è tanto più possibile quanto più si conoscono i meccanismi e le modalità dell'apprendimento, considerando che nella relazione didattica l'apprendimento é costituente e l'insegnamento è rispondente. Si farebbe, così, strada una visione di una scuola dove docenti e studenti possano e vogliano tenersi reciprocamente la mano. Attraverso la sicurezza e la competenza esperta dei docenti, gli studenti devono essere aiutati e sollecitati a costruire la propria conoscenza nel contesto culturale e sociale che li ospita, in un’integrazione tra modalità cognitive, affettive e relazionali nonché corporee, spaziali e sociali. Nella simmetria pedagogica, il docente esercita un ruolo attento e facilitante, in una relazione educativa che aiuti gli studenti a diventare sempre più competenti e quindi capaci di quella autonomia, la quale costituisce il vero obiettivo della formazione. Lo studente è un soggetto "in fieri", egli non può essere consapevole delle proprie potenzialità, ha bisogno del docente per sviluppare progressivamente tale consapevolezza, in un processo di costruzione di sé caratterizzato da interazioni continue, scambi per apportare adattamenti e aggiustamenti, trasformazioni e integrazioni cognitive, metacognitive e culturali. Il docente è il mediatore didattico pedagogico per eccellenza. Ha la funzione di condurre i suoi studenti, come un novello Virgilio, in un viaggio appassionante nel sapere, per aiutarli a costruire una propria visione del mondo, intelligendo la propria esperienza in un'azione di orientamento continuo. Egli ha il compito, inoltre, di produrre mediatori didattici e di sviluppare metafore e analogie, cioè di costruire ponti e sentieri di collegamento e trasformazione tra il sapere formale e di sapere ingenuo degli studenti, perché questi possano realizzare il personale processo di appropriazione e costruzione della conoscenza in termini di cognizione e metacognizione. D'altra parte, l'educazione si sostanzia nel processo di orientamento alla persona, come azione di individuazione, di cura e coltivazione del proprio compito, di sviluppo delle proprie capacità, potenzialità e talenti, per poter agire sempre più consapevolmente e responsabile in contesti stimolanti. La buona prassi finlandese, da cui derivano molte di queste mie riflessioni, non va interpretata come un modello ideale, perfetto, assolutamente corretto e da applicare direttamente nel contesto italiano. Anzi, cercare di farlo sarebbe controproducente. Essa va vista, piuttosto, come qualcosa che altri hanno fatto e che nel loro contesto ha funzionato perché vi erano, evidentemente, delle buone caratteristiche. Ed è proprio su queste caratteristiche che si deve curiosare, indagare e criticare, mettendole in relazione alla situazione italiana e al proprio contesto scuola. L’Italia potrebbe imparare molto dalla Finlandia, ma non solo. L'Italia di oggi potrebbe imparare molto guardando al passato, alla sua storia. L'Italia potrebbe ridare luce e valore a quelle idee pedagogiche che, oggi, sono diffuse largamente in tutto il mondo - dove hanno trovato più apprezzamento che qui - posto, per altro, dove nascono e da cui provengono. Per l’esperienza, che chi scrive ha fatto, la regola, in Italia, è quella di un presente scolastico tutt’altro che intenso. Debole entusiasmo, demotivazione sono palpabili in ogni incontro collegiale dei docenti, che la maggior parte di essi reputa uno spreco di tempo. Docenti completamente rassegnati al legno scomodo delle sedie, al colore deprimente delle pareti, alla sciatteria degli arredi. Urla mortificanti vengono rivolte, giornalmente, agli studenti, avvizziti e ossificati a causa, evidentemente, dell’insofferenza che regna nelle istituzioni scolastiche. Docenti e studenti vivono la scuola in attesa della fine della giornata o, meglio, dell’arrivo della pausa legata alle festività o alle ferie. Difficile resta, trascorrere molte ore dentro determinate strutture e non assorbire, inconsciamente, un messaggio di svalorizzazione, a causa della miseria che vi echeggia. Ci si uniforma all’insensibilità viralmente distribuita. E diventa difficile percepire il gelo – non solo metaforico, spesso e volentieri gli impianti di riscaldamento non funzionano - dei materiali vecchi e stanchi, dei colori e delle luci smorte. Il sentirsi mortificati, depressi, sradicati dipende dal luogo, dal posto, dagli ambienti che, diventato casa per ventisei o quaranta ora alla settimana. La scuola si presenta come un ambiente capace di far appassire anche chi entra, all’inizio, con autentico entusiasmo. E poi, all’improvviso, basta entrare, anche solo una volta, in uno spazio pensato per educare - con cognizione, con passione - per accorgersi che quello a cui si è abituati, credendo fosse l’unico e solo modo di intendere certi spazi, non è che una struttura pensata per essere orientata alla contenzione, alla sorveglianza, esattamente come fosse prassi di una terapia contenitiva massificata di una caserma, o di un ospedale psichiatrico, piuttosto che di un carcere. Capisci che è la scuola a non funzionare. Ho provato sensazioni molto forti all’impatto, ripetuto, con le scuole finlandesi. Emozioni che tendevano a esacerbarsi, ogni qual volta, rientravo in Italia, sul mio posto di lavoro. L’ambiente è importante, È il primo impatto. Un segno che resta impresso. E che influenza chi ci vive dentro. Inevitabilmente. L’attenzione, di chi scrive, si è così spostata dal sospetto di aver fatto una scelta lavorativa e di vita sbagliata, alla consapevolezza che, invece, era ed è la scuola ad esserlo, per come viene ancora oggi proposta in Italia e vissuta da tutti i suoi inquilini. Capisci quanto ci sia molto da smantellare e ricostruire. Occorre squarciare il velo, sbarazzarsi di tutti i luoghi comuni, e di tutte le false e ingenue credenze. Non è affatto necessario far riecheggiare urla di ogni sorta nei corridoi, ad ogni ora, o essere spigolosi nelle relazioni con gli studenti e, poco collaborativi con colleghi o i superiori. Alimentare lamentele. Arrendersi all’inevitabile. Cedere alla bruttezza. Queste parole nascono con l’obiettivo di uno smascheramento. Il lavoro del docente, una volta spezzate le catene e guardato al di là del conosciuto o del vissuto, è altro. È un lavoro tra i più interessanti e stimolanti. Per vederlo è necessario esserne in grado. L’unico modo è quello di aprire la mente e gli occhi. Come? Formandosi. Formandosi. E ancora formandosi. Formazione e autoformazione diventano il portale verso la grande bellezza educativa. Effettuare delle analisi comparate con altri sistemi educativi, guardandoli da vicino, permette di viaggiare tra i fenomeni delle buone prassi educative. Solo un esercito di docenti illuminati può portare alla vera rivoluzione della scuola italiana.